Ma cosa vogliono?

In molti, come si dice, si riempiono la bocca parlando di ambiente e sarei contentissimo se lo facessero difendendolo seriamente. Lo dico con ragione di causa, perché, anche se non sono mai salito sulle barricate, ho cercato sempre di difenderlo. Avevo quindici anni che mi iscrissi al CAI, ritenuto il primo club italiano, quest’anno compie 150 anni, a difesa ambientale, solo l’anno dopo a Sanremo Celentano lanciò “il ragazzo della via Gluck” primo inno ambientale. Lo strano è che agli occhi di molti sono stato accusato di inquinatore, in quanto quasi tutta la mia lavorativa si è svolta presso l’ENEL. Ma proprio la mia esperienza lavorativa mi ha portato a criticare certi ambientalisti, ma soprattutto il loro metodo di agire. Ricordo bene quando in piena crisi energetica negli anni 70, crisi riconducibile sì a problemi internazionali, ma anche a errori italici, andavano in piazza contro le centrali, non solo quelle nucleari (dove potevano accampare ragioni), ma contro tutte quelle che “fumavano” (succede purtroppo anche ora), difendendo solo le idriche. Le contraddizioni già allora erano evidenti, senza i contare i morti che tale tipo di centrale avevano portato (solo in Italia basta ricordare il Frejus o più famosa il Vajont), una centrale idrica modifica pesantemente l’ambiente, non solo a carattere idrogeologico, ma anche su fauna e flora fino a giungere anche a colpire la popolazione con esodi in massa (in Toscana è un’attrazione la visita del paese sommerso durante la manutenzione decennale che l’ENEL fa al bacino di Vagli). Le idriche rientrano nel cavallo di battaglia delle fonti alternative , come l’eolico o il geotermico o il solare come anche , purtroppo, biomasse e con esse (le alternative) gli ambientalisti hanno fatto il loro cavallo di battaglia. Ora, forse a causa di movimenti che hanno preso più visione di loro, le contraddizioni sono aumentate, quindi non al geotermico, no all’eolico etc., ma nessuno dice no agli sprechi. Nel 1977, in piena epoca anti Montalto, fui invitato a partecipare ad una manifestazione contro la centrale nella cittadina laziale (così per far notare certe contraddizioni su quelle barricate c’era anche Testa, futuro presidente di ACEA e soprattutto ENEL), risposi che sarei andato volentieri solo se dalla sua casa fossero spariti tutti gli elettrodomestici inutili comprese le lampade superiori a 100W. Mi si rispose : ma che c’entra? Oggi è ancora così, sono convinto che i più dei manifestanti hanno contratti energetici oltre i 3 Kwh, ma non bisogna fare centrali e l’industria elettrica gongola perché non fa investimenti in Italia, compra centrali (specie nei paesi dell’est) obsolete e inquinanti a prezzi stracciati, ma fa affari d’oro perché rivende l’energia prezzi esosi ai fessi italiani.
A dir la verità quello sopra è stato uno sfogo, anche troppo lungo ma che volete lì sono sufficientemente preparato, ma doveva essere il preambolo. Stamane, come sempre, ho letto il giornale e sono rimasto stupito leggendo un piccolo articolo (non so come si chiama in gergo, era sì e no un quarto di colonna), ma evidenziato in grassetto visto l’interesse che il problema crea in Maremma. Per l’ennesima volta un gruppo di ambientalisti prende una posizione opposta da quanto detto fino ad ieri: la Concordia non deve andare a Piombino. Ma come (escludo i gigliesi che purtroppo sono i più colpiti e ne hanno di ben donde a porsi domande) fino ad ieri si dicevano che il relitto andava spostato quanto prima, bisognava che percorresse la rotta più breve per andare in demolizione, causa gravi rischi ambientali ed ora si boccia il porto più vicino? Quali sono i motivi? Forse perché si permette di dare lavoro ad almeno trecento persone che altrimenti verrebbero sicuramente licenziate (sono già in cassa d’integrazione e molti in mobilità) per la crisi dell’acciaio, oppure perché non si deve sviluppare il porto per far entrare sia le navi commerciali che quelle per mantenere in vita quello che resta delle acciaierie (ricordo a chi non ne fosse a conoscenza che da alcuni anni per scaricare o caricare materiale viene utilizzato una specie di pontone che fa operazione in mare aperto con rischio ambientale notevole).
No forse la ragione vera è che se vogliono avere un po’ di visibilità devono gioco forza dire cose diverse. Non voglio fare il maestranino, ma in questo caso non cerchiamo scuse legandole a fondali più o meno bassi o scavi per canali per entrata in porto, basta che diciate una verità assoluta: il canale di Piombino è, con lo stretto di Messina, uno dei punti (se non il punto) più pericolosi del Mediterraneo, quindi evitiamo il al massimo il traffico navale e quindi il conseguente rischio Concordia. Ma che cavolo suggerisco, come farebbero ad andare a danneggiare quel che ancora non hanno dannegiato in quel ex paradiso che è l’isola d’Elba


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