Il 7 Ottobre si parla di Freaking!

Chi di noi non ha mai sentito parlare di ‘freaking’?

Pochi?

Male!

In questi giorni molte sono le concessioni chieste per tale tipo di tecnica estrattiva tanto discussa anche nella nostra Maremma ormai vista solo come terra di conquista. Il 7 ottobre 2012 si parlerà di tale tecnica appunto presso Il Sole in viale Uranio a Grosseto, intanto, per suscitare la curiosità del lettore vediamo alcuni dei materiali che si possono reperire in rete.

Molte sono le voci allarmate che si trovano provenienti dagli Stati Uniti dove tale tecnica è ormai da anni in uso, quindi ‘orsobyanco’ ha realizzato questi splendidi video, concatenati, che spiegano i rischi che insorgono con tale tecnica:

Un esempio di macro errore di valutazione da parte dell’uomo lo possiamo trovare  al seguente indirizzo web:

http://www.tuttogreen.it/darvaza-gas-crater-la-porta-dellinferno-in-turkmenistan/

dal quale anticipo le suggestive immagini che tanto impressionano:

2012_Porta_Inferno_Russia

Impressionante cratere creato dall'uomo nel 1971 per un errore di valutazione


-- Download Il 7 Ottobre si parla di Freaking! as PDF --


Spero che la curiosità spinga tutti ad informarsi: ma questa tecnica provoca i terremoti o no? E la Maremma che fine farà allora?


-- Download Il 7 Ottobre si parla di Freaking! as PDF --


10 pensieri riguardo “Il 7 Ottobre si parla di Freaking!

  • 14 Maggio 2013 in 08:31
    Permalink

    Mi viene da piangere, ma come si fa’ dico io a rischiare la vita per un po’ di gas. Ma non sarebbe meglio utilizzare una fonte certa e sicura come l’energia nucleare assieme ad idroelettrico ed eolico e fotovoltaico ed eliminare gas, carbone e petrolio?

    Rispondi
    • 14 Maggio 2013 in 20:17
      Permalink

      Magari perchè sulla sicurezza del nucleare se ne potrebbe anche fare un trattato…
      A parte questo è il dio soldo che fa’ si che non importi cosa si potrebbe fare per vivere meglio, più sicuri e rispettando di più questo maltrattato pianeta ma di sicuro vengono tenuti sotto controllo solo i lauti guadagni che a spese nostre ben pochi si fanno.
      Anche nel fotovoltaico, un’eccellenza della produzione pulita, siamo riusciti a coprire ettari di terreno di alta qualità con pannelli che creano ricchezza di pochi investitori senza ricadute sui territori così violentati.
      Bah!

      Rispondi
      • 15 Maggio 2013 in 10:51
        Permalink

        Più che altro si dovrebbe discutere sull’economicità del nucleare. Intanto l’Italia – che negli anni ’60 era un paese avanzato su questo fronte- non lo è più. Andrebbero costruite nuove centrali con costi enormi. Senza dimenticare che la centrale nucleare produce a ciclo continuo ed alla fine anche questo è un problema…è per questo che la Francia ci “svende” la sua energia!!!

        Rispondi
    • 15 Maggio 2013 in 05:26
      Permalink

      Quando si parla di energia è difficile scindere fra fonte certa e fonte sicura. Se se ne fa uso in dose massiccia tutte hanno pecche, vuoi quelle naturali (acqua e vento), vuoi quelle derivate (combustibili solidi, uranio compreso). L’Italia ha un consumo max di circa 55.000 MW (pensa se si considera il mondo intero) e non si può pensare di ottenerli da una miriade di mini impianti, quindi come si va sulle medie e grosse taglie son dolori. L’idroelettrico modifica in modo irreparabile l’assetto idrogeologico dell’area dove è ubicato (senza contare le tragedie che spesso l’accompagnano, vedi Frejus o Vajont), l’eolico danneggia la fauna e, a detta di alcuni produttori, anche il Morellino (vedi ricorsi e accuse su campo eolico di Murci), sul solare te lo ha detto Robi, per il resto lo hai evidenziato te. Quella che tu invece invochi (il nucleare), beh lasciamo perdere e te lo dice uno che era ed è (per coprire però solo parte di quello che tecnicamente si chiama “carico base”) un convinto nuclearista: difficile durante, praticamente impossibile dopo, parlare di sicurezza, sia per motivi tecnici che economici, senza considerare l’errore umano, sempre e ovunque presente, ma qui si può dire irrimediabile (ci sono riusciti, al limite della fusione del nocciolo, a Three Islands, non ci sono riusciti a Chernobyl e Fuja.., non so come si scrive,dopo il terremoto). Per rimanere in tema di sicuro sì e sicuro no. E’ di questi giorni la polemica di Bagnore 4, ma che investe la geotermia, cioè una produzione energetica ritenuta quasi sicura. Provengo dal Sasso Pisano , zona boracifera, conosciuto come il paese delle putizze, cioè zone dove il vapore esce naturalmente, una specie delle solfatare di Pozzuoli. Bene lì, come in tutta l’area di Larderello era un proliferarsi di perforazionie fino a pochi anni fa a medie profondità, l’unico rischio effettivo era il Randon, gas considerato pericoloso alla salute (ma come sempre in questi casi ci sono dyue categorie di pensiero, con voci apposte: si è cancerogeno, ma non per chi ci nasce o ci vive, in effetti le statistiche sono nelle medie nazionali), ma sull’Amiata non è così. Lì si va molto a fondo, anche oltre i 4000m e se la stessa ENELGreen Power dice che verranno usate metodologie antinquinamento evollute qualcosa ci porta a pensare (oltre al sempre presente randon, c’è sicuramente mercurio ed arsenico, oltre ad altri gas presenti in aree vulcaniche, come l’Amiata vulcano anche se spento).
      Quindi ritengo che l’unico modo di limitare i danni per l’energia sia in quella parolina, che se applicata, porta a spese enormi, con il rischio di ricavare poco: ricerca. Bisogna sviluppare la ricerca dell’utilizzo del combustibile veramente illimitato: cioè l’acqua (per noi ignoranti, in effetti un suo componente principe, l’idrogeno) . Ma questo è usufruibile da tutti e le famose “sette sorelle” (che ora saranno anche dieci ed oltre) non se lo possono permettere, ne va dei loro forzieri.
      Non so se fosse una leggenda metropolitana, ma quando ho scaldato i banchi in via Bonanno a Pisa (biennio ingegneria) si diceva che un Fiat 238, elaborato dal grande prof. Dini, viaggiava ad idrogeno, se fosse vero pensate quanto tempo è stato perso.

      Rispondi
  • 16 Settembre 2012 in 12:32
    Permalink

    DA “IL TIRRENO” di oggi 15/09/2012

    di Gabriele Baldanzi w GROSSETO Fiorentino D’Arco è un ingegnere di 45 anni, che vive a Grosseto da quattro. Di recente ha creato un blog (www.maremmaefuturo.it) dove si parla di ambiente. In particolare D’Arco vuole delle risposte sulle perforazioni di sondaggio nel sottosuolo maremmano per l’estrazione di gas metano. Stiamo parlando di operazioni che riguardano sia il comune di Roccastrada, in prossimità di Ribolla (progetto Fiume Bruna, concessione dell’8 agosto 2008) sia il comune di Grosseto, frazione di Casoni del Terzo (concessione del 20 marzo 2011). Il ministero dello Sviluppo Economico, dipartimento per l’energia, ha assegnato le concessioni alla società Ies per i prossimi sei anni. L’ingegnere, però, vuole vederci chiaro. «In Maremma – spiega – è stata utilizzata, per la prima volta in Italia, la fratturazione idraulica. Ci tocca questo triste primato, di cui avremmo fatto volentieri a meno. Il fracking è una tecnica di estrazione del gas di scisto molto discussa in tutto il mondo perché ritenuta dannosa per l’ambiente e per la salute degli abitanti della zona. È stata vietata in Francia, in Bulgaria e nello stato del Vermont (Stati Uniti), mentre in Germania e in Gran Bretagna si sta discutendo per bandirla». La società che per ora ha effettuato i primi pozzi di ricerca nella zona Fiume Bruna, ha l’obiettivo di ottenere il permesso definitivo per l’estrazione del gas. «Io – prosegue Fiorentino D’Arco – mi auguro che i sindaci interessati, Innocenti e Bonifazi, non concederanno ulteriori permessi senza aver prima incontrato i cittadini per rispondere alle loro domande. Non possono autorizzare l’utilizzo di tecniche innovative (così viene chiamata la fratturazione idraulica per nascondere una verità scomoda) senza conoscerne le reali conseguenze». Nei giorni scorsi D’Arco ha ottenuto una prima promessa da parte dell’assessore all’ambiente del Comune di Grosseto Giancarlo Tei, che si è impegnato a informare e diffondere il programma dei lavori. «Questa tecnica – sono ancora parole dell’ingegner D’Arco – prevede la perforazione di un pozzo verticale e poi orizzontale in cui pompare acqua, azoto liquido, microsfere di ceramica (proppant) e additivi ad elevata pressione per fratturare la roccia del sottosuolo. Domando: visto che si utilizzano additivi chimici mi piacerebbe sapere quali sono? In altre parti del mondo per le perforazioni sono stati utilizzati additivi altamente tossici. La composizione non viene fornita e nascosta sotto l’assurda motivazione che si tratta di segreto industriale. Dall’esperienza del Nord America su un totale di 260 sostanze almeno 58 presentano rischi per l’ambiente e per la salute. Una delle sostanze è il cloruro di tetrametilammonio che è tossico e nocivo per l’acqua potabile anche in piccole dosi». D’Arco teme che politici e cittadini non siano assolutamente informati su questa tecnica estrattiva. «Hanno fatto delle valutazioni sulle conseguenze che avrà sull’ambiente? Dai documenti ormai resi pubblici, ci risulta che l’estrazione prevede un pozzo ogni 40-60 ettari per una superficie di circa 100 kmq per estrarre 2,4 miliardi di metri cubi di gas nell’arco di vita del progetto Fiume Bruna. Uno studio condotto per la Texas Development Board (2007) ci dice che per ogni pozzo attivo occorrono dagli 11 ai 35 milioni di litri di acqua da pompare nel sottosuolo. Dove sarà prelevata quest’acqua? Dall’acquedotto comunale? Ogni anno si parla di emergenza idrica e qualcuno si impegna a far prelevare una tale quantità di acqua dalle nostre fonti?». Ma ci sono altri aspetti ancora più preoccupanti. «In Internet si possono trovare pareri e informazioni più o meno attendibili, ma volendoci basare su documenti ufficiali, come ad esempio la relazione presentata da una commissione di studio della Comunità Europea “Impatto dell’estrazione di gas e olio di scisto sull’ambiente e sulla salute umana” (2011), possiamo riportare una serie di rischi da far drizzare le antenne. A partire da un potenziale inquinamento delle acque con le sostanze chimiche e radioattive provenienti dal processo di fatturazione per arrivare a terremoti indotti». E che nessuno porti la prospettiva di un ritorno per l’economia locale. Solo il 7% del fatturato di queste società viene diviso infatti tra Stato, Regione e Comuni. Al comune spetta il 15 %, alla Regione il 55% e il resto allo Stato. Un rischio elevato per un misero bottino. D’Arco sostiene che siamo ancora in tempo per agire e limitare i danni per il nostro territorio

    Rispondi
    • 29 Settembre 2012 in 09:32
      Permalink

      Ciao Carlo, ci ha risposto proprio l’amico D’Arco (che, come dicevi te ha il sito http://www.maremmaefuturo.it ) sul nuovo articolo http://culturale.braccagni.net/wordpress/?p=1936
      e, dopo averci parlato, ti dirò che sono molto meno tranquillo di prima.
      I dati che porta e che verranno illustrati il 7 ottobre non faranno dormire sonni tranquilli a nessuno e se si và a vedere come sono fatte le aziende che eseguono questo tipo di estrazione in Italia mi viene un dubbio: chi risponderà anche solo di un’eventuale sprofondamento nel territorio?
      A mio modesto parere… i cittadini come sempre.

      Rispondi
  • 7 Settembre 2012 in 13:16
    Permalink

    Ma mi dicono adesso che non c’è piú questo evento, vi risulta?

    Rispondi
  • 5 Settembre 2012 in 13:32
    Permalink

    E a Manciano che vogliono estrarre Antimonio (parecchio velenoso) e compromettere la permeabilità del territorio? Ma possibile che non apra gli occhi questa cittadinanza???

    Rispondi
  • 4 Settembre 2012 in 08:29
    Permalink

    Per quanto riguarda i sondaggi fatti a Pian del Bichi ed agli Olmini (ben visibili un paio di anno fa anche di notte per via delle potenti luci) mi sembra che si trattasse delle ricerche di gas metano. In pratica lo si trovava all’interno della lignite e nelle famose sacche di Grisù (quello della tragedia del 1954 che è composto per la gran parte di metano). Pare che la quantità estraibile sia elevata e, con il piano energetico del ministro Passera, questa tecnica potrebbe avere un’impennata. La mia domanda è solo una: è sicuro in una zona comunque abitata (non siamo nelle steppe della Russia o nella praterie americane dove in stati grandi come l’Italia vivono al massimo gli abitanti dell’hinterland di Firenze) e soprattutto: abbiamo già dimenticato la “sinkhole” degli Acquisti? Dunque ben venga lo sfruttamento del sottosuolo laddove possibile, ma questo non può prevalere sul rischio effettivo, se questo c’è!

    Rispondi
  • 3 Settembre 2012 in 12:48
    Permalink

    L’argomento è di quelli che scottano, negli ultimi mesi leggendo il bollettino della regione toscana si trovano ricorrenti concessioni per fare queste ricerche. Effettivamente non è dato sapere che cosa abbiano in mente, in maremma, di fare, forse trovare petrolio o gas naturale? O veramente creare dei bacini di stoccaggio di anidride carbonica nelle zone minerarie dismesse? Ricordate il libro sui veleni che hanno infiltrato le nostre falde per via dell’uso maldestro delle vecchie miniere? Non è che rischiamo grosso anche con queste trivellazioni? Forse gli abitanti devono essere informati, ma se nessuno lo fa, bisognerà farlo da noi.

    Rispondi

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Per la sicurezza antispam: * Time limit is exhausted. Please reload the CAPTCHA.

Che tempo fà?


Meteo Grosseto