Dosolina e Brencio

Il salotto buono del Braccagni

E’ scomparsa il 4 gennaio Dosolina Ciardi, a nostra memoria l’unica braccagnina ad aver superato il secolo, era nata il 14 luglio 1913.

Gli amici del Gruppo Tradizioni Popolari mi hanno chiesto di scrivere un ricordo. Mi trovo un po’ in difficoltà con la penna ed ho mostrato una certa riluttanza, ma dietro la loro insistenza ed alla nascita su facebook del gruppo “sei braccagnino se …”, dove molti paesani ed amici ricordano personaggi, luoghi ed aneddoti, mi sono accorto che parlare di Dosolina in due parole era riduttivo e così mi sono deciso.

Dosola, così era conosciuta, per molti giovincelli era la persona anziana che fino ad una decina di anni fa, vedevano qualche volta passeggiare o seduta alla panchina dei giardinetti di via Andreoli, in compagnia di Gina e Ulna. Invece, per quelli della mia generazione era il simbolo, ancora vivente, del Braccagni.

Con un amico, durante la campagna contro il Polo, discussi sull’importanza dell’uso corretto delle preposizioni, ed anche ora faccio notare che ho usato “del” e non “di” per indicare Braccagni, questo perchè Dosolina con il marito Brencio (Alfredo Pasquini) gestiva il negozio di alimentari sull’Aurelia, poi divenuto una sorta di bazar, quando la frazione era una specie di fantasma.

Era l’epoca dove si distinguevano due agglomerati: Braccagni, il nucleo lungo l’Aurelia, e Montepescali Stazione (per noi solo Stazione),  quello intorno alla Chiesa. Questo creava strane situazioni, ad esempio non arrivavano le lettere, oppure si doveva fare mente locale, in base al mezzo pubblico che dovevamo prendere, per la richiesta del biglietto.

La distinzione era fortemente sentita, non solo fra noi ragazzi (leggendarie le “battaglie” nei campi da S. Rocco al campo sportivo, che allora era dietro la chiesa) ma anche fra adulti, mitica la battaglia a pallate di neve nel 1956, con tanto di monumento ai caduti, anch’esso in neve, benedetto con catrame da “don” Lauro.

Ricordare Dosola è per me ricordare l’infanzia, quando il Braccagni era il centro pulsante della piana, perchè in quei trecento metri di Aurelia c’erano tutte le attività: l’officina del fabbro (Bottai); il Mulino (io ricordo quello del Massini); il sarto (Garalla); i ciabattini (Lauro Baroni, lo Zanchi, pendolare come il fratello macellaio dal Castello, e Domenico Martini, Beco per tutti); la falegnameria di Febo; l’officina (sempre di fabbro) di Albo (i fratelli Bonelli); il carraio (Beppe Bastiani), la Posta (poi sostituita dalla banca), la farmacia e gli  ambulatori medico e veterinario, l’autofficina (Tavarnesi) e la ferramenta (Checco, Patriarca, poi Giorgione e figli). Mancava il forno che era (dove è sempre rimasto) alla Stazione, ma Torero (figlio dell’allora titolare Lugano, altro mitico personaggio, come la moglie Leontina), con la sua bicicletta scassata e le due borse, sopperiva portando il pane per le case.

Fra i luoghi di ritrovo il bar Tavarnesi era canonico, appena dopo pranzo e alla sera, dove ricordo Quirino, altro mitico braccagnino, quello dal “pattone affumicato”, che dava scappellotti a noi ragazzotti affumicandoci con il suo toscano sempre in bocca; però la bottega di Brencio e Dosola era il “salotto bono” del posto, forse perchè lì c’era anche il Micio (Silvio Ferretti), il barbiere e, come si sa da sempre, il negozio dei barbieri è luogo di ritrovo, quello della Stazione era Guerrino e lì, si potrebbe affermare, Signorini ci faceva un baffo.

Da Brencio e Dosola le chiacchiere e il pettegolezzo erano all’ordine del giorno, tutto era buono: dalla caccia (dall’iniziale alimentari la bottega s’era trasformata in una specie di bazar e l’armeria rappresentava un reparto importante, c’è stato un momento che era anche sala televisione), allo sport dove il banco era tenuto principalmente dai due, ma non mancavano ospiti più o meno fissi come Ulderigo, Otello che partecipava solo dopo aver sfruttato il giornale del Micio, Garalla, Remino (Zucchelli) e Barazzolo (Carnesecchi).

Dosola, donna burbera ma non troppo ai miei occhi, ero l’unico a cui allungava qualche caramella, era tutta casa e bottega (nel vero senso, visto che era un tutt’uno), sbuffava ma quando il pettegolezzo paesano aveva il sopravento agli altri argomenti stava sempre sulla porta e i suoi segni di insofferenza aumentavano quando pioveva, perchè la discussione si portava al coperto, nella bottega del Micio, e le giungevano solo le voci non potendo seguire bene.

Chiaramente io non partecipavo attivamente alle discussioni, vuoi perchè preferivo stare col Peo (Giampiero Pieraccini) e Ginestra (Raffaello Tonini) a giocare, anche se spesso eravamo nel campo accanto alla bottega e si sentivano distintamente le accese discussioni, specie sullo sport; comunque quando gli amici non c’erano stavo lì e così ho continuato, frequentando la bottega del Micio anche quando si spostò dal Tavarnesi, fino alla sua definitiva chiusura.

C’erano solo dei momenti in cui il salotto si svuotava, era quando Beppe (il carraio) ferrava le ruote. Allora Ulderigo e C. si spostavano a dargli una mano, io qui ero sempre presente ed ero addetto al raffreddamento del ferro, ma poi i buoi sono stati soppiantati dal trattore e allora tutti di nuovo e sempre al salotto.

Scritto da Ottantotto
(visto che di tutti ho scritto il soprannome)


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Un pensiero su “Dosolina e Brencio

  • 7 Febbraio 2014 in 19:05
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    Se avete foto dei personaggi citati e ce le inviate, saremo lieti di pubblicarle (braccagni@braccagni.net)

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